Marketing - Sales & Service


Trade marketing, far uscire i prodotti dai negozi multimarca.


 

Il Trade Marketing rende concreta la strategia distributiva ed il sostegno al suo sviluppo nel medio periodo, anche per i settori più tradizionali.  È sempre più consigliabile un cambio di prospettiva, che valorizzi al massimo la logica di partnership con il tradedefinisca iniziative orientate al sell-out dei prodotti, coerenti con la capacità di acquisto dell’utilizzatore finale.

 

 

Cosa è il trade marketing?

Il trade marketing è l’applicazione delle tecniche di marketing indirizzate al cliente commerciale (distributore, rivenditore, punto di vendita multimarca) piuttosto che all’utilizzatore finale.
È una metodologia gestionale che si propone di contribuire all’efficacia dell’azione di marketing aziendale, avendo come obiettivo un mercato intermedio, quello costituito dai clienti commerciali, attraverso i quali raggiungere la soddisfazione delle esigenze degli utilizzatori finali.

 

Le componenti del trade marketing

Il trade marketing comporta l’utilizzo di una metodologia riconducibile ai seguenti step:

  1. pianificazione strategica volta alla elaborazione di un piano clienti – canale, la segmentazione della clientela intermedia, il target ed il posizionamento (desiderato e riconosciuto);
  2. la concretizzazione dell’approccio strategico che si avvale di alcuni strumenti, cosiddette leve o politiche di trade marketing;
  3. infine, la fase di controllo per verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi e l’efficacia delle leve attivate.

 

Diagnosi del trade

Far uscire i prodotti dal punto vendita è sempre più un imperativo che l’industria orientata a creare una fedeltà alla marca si trova ad affrontare, per sviluppare una collaborazione solida e duratura con i partner della distribuzione, con il chiaro obiettivo di garantire che il prodotto arrivi all’utilizzatore finale.

Il percorso progettuale per lo sviluppo di una logica di sell-out prende avvio dalla conoscenza della domanda e dei comportamenti del consumatore finale, nonché dei trend rilevanti che hanno un impatto sul settore/prodotto di riferimento.
A tal fine risultano utili le ricerche relative alle tendenze evolutive presenti nella domanda e nei comportamenti del consumatore, grazie alle quali si possono enucleare alcuni fattori chiave da prendere in considerazione per il nostro agire.

Elemento di grande rilevanza è la conoscenza del portafoglio dei clienti attivi:

  • chi sono i clienti chiave;
  • quale è la loro rilevanza in termini di fatturato e margine di contribuzione (e dunque la definizione di un conto economico del cliente);
  • la loro struttura espositiva;
  • le iniziative storicamente già realizzate che sono risultate di maggiore o minor successo;
  • la comprensione del nostro posizionamento nell’ambito dell’insegna della distribuzione (quale è la percezione del trade rispetto alla nostra azienda/prodotto);
  • la conoscenza dell’orientamento strategico dell’insegna riguardo alle attività e iniziative che la distribuzione intende mettere in atto per sviluppare nel consumatore finale la fedeltà al punto vendita, la store loyalty, rispetto alla quale l’industria di marca intende integrare una fedeltà alla marca, la brand loyalty.

Il punto di arrivo nel percorso di diagnosi è la realizzazione di una segmentazione dei clienti.  Segmentare la domanda intermedia significa riconoscere una certa eterogeneità tra i clienti commerciali (rivenditori, distributori, punti di vendita multimarca indipendenti).
Individuare dei segmenti significa creare gruppi di clienti commerciali tra loro simili per certi aspetti e, al tempo stesso, dissimili da altri, rispetto ai quali risulti possibile sviluppare iniziative di successo per il sell out.

A titolo esemplificativo una delle possibili modalità di segmentazione dei clienti prevede la definizione di indicatori qualitativi e quantitativi come riferimento.

 

 

Definizione della strategia distributiva

La definizione della strategia di trade marketing, oltre che dalla conoscenza del sistema distributivo, trae spunto dall’orientamento e dalle scelte di fondo che l’azienda intende affrontare.

Le principali scelte di fondo riguardano in primo luogo l’approccio alla distribuzione, che si può sintetizzare nella scelta di una delle seguenti opzioni :

  • intensiva, attraverso cui rendere disponibile il prodotto nel maggior numero possibile di punti vendita di una determinata zona;
  • selettiva, con un numero limitato di punti vendita che possano trattare il prodotto secondo i livelli di servizio richiesti;
  • esclusiva, con un solo intermediario per una certa area geografica per massimizzare l’immagine di marca (congiuntamente brand e store loyalty).

Per analizzare il livello di presenza del prodotto in una determinata area geografica è opportuno calcolare l’indice di copertura numerica, dato dal rapporto tra il numero di punti vendita che trattano la marca rispetto al numero di punti vendita che trattano la categoria di prodotto.

Scendendo ad un secondo livello di approfondimento, per conoscere il peso relativo della marca rispetto al giro d’affari complessivo dei punti vendita serviti, è opportuno prendere in considerazione l’indice di penetrazione risultante dal rapporto tra queste due variabili.

Infine, per conoscere il livello di importanza generale di una data categoria di prodotti per i punti vendita di una certa area, si può calcolare l’indice di copertura ponderata, che deriva dal rapporto fra gli acquisti della categoria di prodotto in esame per i punti vendita oggetto dell’indagine rispetto agli acquisti totali dei punti vendita stessi.

La scelta relativa al tipo di distribuzione comporta anche la definizione dei criteri per la scelta del canale distributivo, se in sintesi far riferimento al criterio economico, che dà la dimensione del “margine” di canale, o se utilizzare il criterio del “controllo”, che fa riferimento alla potenzialità di un utilizzo delle leve di trade marketing e di amministrazione del canale.

La terza dimensione rilevante riguarda la scelta dei distributori partner, per effettuare la quale si possono prendere in considerazione alcuni elementi rilevanti, tra cui la dimensione, il livello di esperienza, la disponibilità a mantenere la gamma completa, la solvibilità, l’immagine del punto vendita, la disponibilità a collaborare, ecc.

Il targeting è la scelta dei segmenti dei clienti commerciali che l’impresa intende presidiare e rispetto ai quali definisce il posizionamento desiderato.
L’analisi dei clienti commerciali è la premessa indispensabile all’implementazione di una strategia di trade marketing che sia in grado di posizionare correttamente il produttore nei segmenti prescelti come target, orientando la scelta delle leve idonee per conseguire obiettivi specifici.
Le imprese industriali hanno avvertito la necessità di formalizzare in un piano detto di “prodotto – canale – cliente”, la strategia che intendono adottare verso il trade specificando obiettivi e azioni. L’impresa di produzione deve quindi pianificare i propri sforzi di marketing anche relativamente ai canali e, al loro interno, ai singoli clienti-chiave. L’impresa industriale pianifica così l’attività di marketing in una logica integrata prodotto-canale-cliente commerciale.

 

E per i clienti attivi? Le scelte strategiche di fondo riguardano anche loro

La definizione di scelte strategiche di fondo può essere realizzata prendendo in esame due variabili rilevanti, la qualità della relazione con il cliente da un lato e la sua perfomance in termini di redditività dall’altro.
Un livello basso o alto delle due variabili conduce alla possibilità di definire un orientamento all’abbandono del cliente laddove le due variabili risultassero entrambe con un punteggio basso fino ad un orientamento a rafforzare la partnership laddove il punteggio fosse alto per entrambe.

Considerando le situazioni intermedie, se la redditività del cliente è bassa ma la qualità della relazione è alta sarà consigliabile razionalizzare i costi ed il mix dei servizi offerti, mentre se viceversa la redditività è elevata con una qualità della relazione bassa si tratta probabilmente di clienti difficili per i quali risulta necessario sviluppare la relazione con opportuni investimenti.

Una seconda possibile chiave di lettura prevede di analizzare il portafoglio dei clienti attivi lungo due dimensioni, l’attrattività del cliente e la sua performance, quest’ultima in relazione al potenziale.

 

 

Le politiche di marca e di retail

La scelta della strategia distributiva più coerente con gli obiettivi aziendali del singolo periodo, può essere influenzata da politiche di marca e di retail, quali:

  • rivenditori monomarca o multimarca;
  • la specializzazione di prodotto o la brand extension.

Di seguito sintetico approfondimento delle tendenze in atto.

 

Rivenditori monomarca o multimarca

Una prima tendenza è quella di preferire partnership con rivenditori multimarca locali piuttosto che optare per una distribuzione diretta che prevede elevati costi gestionali a causa del desueto modello organizzativo del punto di vendita e per il “nanismo” che contraddistingue le aziende produttive.
Le piccole e medie imprese del design italiano sono sempre state connotate da una certa lunghezza del canale distributivo indiretto, rappresentato da rivenditori del dettaglio indipendenti.
Per migliorare la performance e non rischiare di perdere a valle una parte del potenziale competitivo creato a monte, i produttori si trovano nella condizione di avviare punti di vendita monomarca gestiti da commercianti e selezionare i rivenditori multimarca.
Entrambi questi approcci sono finalizzati ad un miglioramento delle relazioni con l’utilizzatore finale.

 

Specializzazione di prodotto o brand extension

La seconda tendenza seguita dai produttori a marchio predilige lo sviluppo di monomarca gestiti da rivenditori, più o meno esclusivisti, con una brand extension di prodotto e di gamma per offrire al consumatore una declinazione di prezzo ampia in grado di abbracciare target più inclusivi.
Dalla declinazione di entrambi gli approcci marketing emerge il ruolo critico del cliente commerciale come soggetto fortemente in grado di influenzare ed indirizzare le scelte finali dell’utilizzatore finale.  La discesa a valle del produttore comporta un approccio manageriale alla distribuzione basato sulla copertura distributiva di un selezionato network di rivenditori specializzati attrezzati ad operare come punti di vendita diretti.
La scelta del rivenditore non può essere demandata a professionisti esterni all’azienda (ex agenti, segnalatori, influenzatori), ma deve rientrare in un approccio marketing finalizzato alla produttività del prodotto e del punto vendita.
La relazione non è più basata sul “prodotto – sconto”, bensì sul come intercettare la domanda di mercato locale utilizzando le leve del marketing.  Il punto di vendita diventa un luogo dove presentare “soluzioni a misura” coerenti con la possibilità di acquisto e non una esposizione di prodotti standard.

 

Le decisioni operative di trade marketing

Dopo aver definito le scelte strategiche di fondo nella strategia di trade marketing, è opportuno formalizzare un piano con le relative decisioni operative, che, coerentemente con le scelte distributive di fondo, conducano al mix di interventi ottimale rispetto agli obiettivi.

In generale, le scelte di trade marketing riguardano le condizioni di vendita, spesso attuate in forma “discriminata” rispetto alle varie tipologie di clienti, che si riflettono nella concessione di premi di fine anno, premi di referenziamento, contributi di marketing/merchandising, sconti assortimento e sconti speciali di canvass.

A tal proposito è opportuno ricordare che la suddivisione dell’anno solare in periodi di vendita, definiti appunto canvass, con condizioni di vendita specifiche per le singole tipologie di prodotti, risulta una modalità operativa particolarmente indicata per creare il necessario “movimento” all’interno del punto vendita e dunque dell’assortimento.  Le condizioni si riferiscono sia a iniziative di sell-in, in forma di scontistica speciale, sia a forme di sell-out, in forme varie di vendita abbinata, animazione, ecc.

Il controllo del prezzo al consumo, che conduce alla definizione di un prezzo soglia minimo consigliato al trade, si pone d’altro lato l’obiettivo di difendere l’immagine del prodotto per evitare lo “svilimento” del brand e l’utilizzo per fini tattici di determinati prodotti da parte del trade (es. l’impiego dei prodotti “civetta”, adatti ad attirare l’attenzione del consumatore finale per favorire la sua predisposizione all’acquisto), salvaguardando nel contempo i margini industriali e commerciali (del trade stesso).

Il controllo di fenomeni di sottocosto da parte dell’industria di marca risulta tanto più importante e consigliabile quanto più si utilizzano prezzi di cessione differenziati per canale distributivo, e quindi più intenso in caso di compresenza sulla stessa area geografica di tali diverse tipologie.

Gli obiettivi e le decisioni in materia di assortimento risultano fortemente correlate alle decisioni relative al canale distributivo, in termini di numerica, penetrazione e ponderata, come sopra evidenziato.
Ad esse si aggiungono ed integrano valutazioni relative alla domanda del consumatore finale, e dunque alle potenzialità che un certo mix di assortimento può avere in una determinata zona, e valutazioni qualitative relative alla strategia ottimale di portafoglio prodotti.

Da queste valutazioni derivano le scelte operative relative alla gamma da offrire al trade/canale distributivo, che avverrà in funzione dello spazio disponibile, del potere contrattuale nei confronti del distributore, dell’eventuale presenza di contributi per il referenziamento, ecc.
L’assortimento deve dunque trovare una collocazione (display) e gestione adeguata nel punto vendita che permetta il massimo risultato raggiungibile in termini di rotazione, e dunque di numero pezzi venduti.

Tale risultato è funzione della quantità e qualità dello spazio, e dunque del display del prodotto, e dal controllo sistematico delle rotture di stock sul punto vendita, e dunque dal presidio della logistica e del servizio al cliente.
Il fulcro della pianificazione di trade marketing in materia di assortimento è infine rappresentato dalla creazione di un piano promozionale, che suddividendo l’anno in canvass conduce alla definizione di promozioni, alcune delle quali possono essere declinate per gruppi specifici di clienti derivanti dalla segmentazione.

In sintesi il piano delle attività operative dovrà comprendere:

  • attività promozionali per canale e tipologia di punto vendita (piano canvass generale);
  • promozioni “mirate” (azioni per clienti strategici);
  • analisi del mix assortimento/base cliente e sua evoluzione;
  • la comunicazione del pdv;
  • materiale promozionale di supporto (cataloghi, ecc.);
  • space allocation;
  • visual merchandising;
  • servizio al cliente/rete vendita;
  • time to market (marketing/logistica).

 

Quali sono i vantaggi derivanti dalla applicazione del trade marketing?

  • Migliorare le prestazioni delle vendite del 10% a parità di perimetro e senza investimenti;
  • ridurre i costi della distribuzione del 5%;
  • gestire in maniera proattiva la rete di vendita;
  • selezionare/ridurre il numero dei rivenditori a parità di volumi delle vendite con aumento del margine di contribuzione;
  • aumentare la attrattività del marchio nei rivenditori “amici”;
  • ridisegnare/accorpare reti di vendita multicanale e multi prodotto;
  • costruire una distribuzione a marchio;
  • creare valore appropriandosi del processo marketing – vendite – servizio al cliente.

 

 

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